Tradizioni
QUEI DUE MUCCHI DI PIETRE SUL VALICO DELLE SCALELLE. IL DRAMMA DI UN NUCLEO FAMILIARE AL CONFINE TRA LAZIO E ABRUZZO
Se vuoi andare a Campo di Grano (sui monti di Pescosolido), ti consiglio di prendere il sentiero più breve, quello che da Colle Rotondo (m. 999) sale alla Selva dell’Orso (m. 1508) e, quindi, alle Scalelle (m. 1831).
È un sentiero piuttosto ripido, però in non più di tre ore, ti porta a destinazione. Sul valico delle Scalelle passerai di fianco a due mucchi di pietre, poco distanti l’uno dall’altro, uno più a valle ed uno più a monte.
Chi passa di lì, per antica usanza raccoglie una pietra e la getta nel primo cumulo; poi, poco oltre, ne prende un’altra e la deposita nel secondo. Poiché li, nei tempi andati, morirono due anziani coniugi Cicche e Cècca. La coppia era andata a pascolare i porci in montagna e, nel tornare a casa, ormai sfiniti dalla fame e dalla stanchezza, fu investita da una bufera. Prima morì la donna (nel mucchio a monte), quindi l’uomo (in quello a valle).
Secondo un’altra versione i coniugi si chiamavano Santucce e Preséra ed erano andati a far legna alle Cacchiete o “érano ite a cagnà alla Villa” (a “cambiare”, cioè a barattare mercanzie a Villavallelonga); al ritorno, sorpresi da una violenta nevicata, perirono e rimasero sepolti sotto la bianca coltre. Bisognò aspettare la primavera successiva e il conseguente il disgelo per recuperare i loro corpi.
Una leggenda come un’altra, si direbbe; una delle tante che si raccontano dalle nostre parti, al pari di tanti mucchi di pietre che s’incontrano qua e là per i nostri monti. Sennonché nell’Archivio Parrocchiale di Pescosolido esiste un atto di morte datato 7 novembre 1721, che così riporta (traduco dal latino): “Antonia, vedova quarantaseienne di Francesco Di Lepore, il giorno 3 novembre di quest’annno ritornando da Celano dei Marsi insieme con suo figlio Benedetto di dodici anni, al colmo della montagna di Pescosolido, prima di arrivare alle Scalelle, fu sopraffatta dalla furia dei venti e di una violenta tempesta. Fu ritrovata morta, non molto lontano, il giorno 7 dello stesso mese con suo figlio. I corpi dei due, trasportati in questa chiesa parrocchiale di S. Giovanni di Pescosolido, furono sepolti nella tomba della famiglia Ciccolini, alla presenza di Liberato Gioannitti e di tutto il popolo. E così io, Antonio Ciccolini parroco di questa chiesa, raccomando a tutti coloro che leggono di recitare una requiem aeternam per le dette anime; ella infatti era mia sorella”.
L’atto, rintracciato dall’amico Maurizio Marchione, ci attesta che quei due cumuli di pietre sul valico delle Scalelle non si rifanno ad una leggenda, ma ad un fatto realmente accaduto. Si tratta di una tragedia nella vita quotidiana del primo quarto del XVIII sec. in una Comunità divisa tra emigrazione stagionale verso la Campagna Romana e le Paludi Pontine e l’ancor più difficile commercio con i centri della Vallelonga – isolati, per lunghi mesi dell’anno dal resto del mondo, a causa delle abbondanti nevicate – e della Marsica.
Ed è per questo che, ancora oggi, chi passa di lì, raccoglie una pietra e la getta nel primo mucchio; poi, poco oltre, ne raccoglie un’altra e la pone nel secondo. Mentre il silenzio, intorno, sembra farsi più profondo.
Pubblicato nell’edizione cartacea de Il Cronista n. 3/12/ 2006
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