Arte e Archeologia
MINTURNAE, SENTINELLA DEL LIRI
La “Johnson a Ruegg”, è il titolo di un convegno di studi organizzato in data 11 maggio 1996 a Minturnae, a cura dell’Archeoclub “Minturnae”, sezione locale dell’Archeoclub d’Italia.
L’evento era determinato dalla presentazione del secondo volume del diario di scavi di J. Johnson, “ Excavations at Minturnae”, The University of Pennsylvania, 1933, tradotto in lingua italiana a cura dell’Archeoclub “Minturnae”. Minturnae, insieme con, Ausonia e Vescia, era una delle tre principali città del territorio degli Aurunci, racchiusa nella catena dei monti Aurunci e del Massico. Faceva parte della Pentapoli Aurunca, comprendente le città di Vescia, Sinuessa, Suessa, Ausona, Minturnae. Posta sulla sponda settentrionale del Liri, ebbe, fin dall’origine, funzione da difesa e, trovandosi a breve distanza dal fiume, divenne porto fluviale della regione, tanto da costruire uno sbocco alle città e ai borghi della zona collinare circostante. Minturnae fu coinvolta nella prima e nella seconda guerra sannitica. Delle città della Pentapoli, Sinuessa è ancora oggi oggetto di studio e di ricerca; Suessa ebbe la sua probabile continuazione nella odierna Sessa Aurunca; di Musona e Vescia rimangono le indicazioni del sito, nel contesto di studi e di ritrovamenti di reperti, che certamente non corrispondono alla esigenza continua di individuarne il sito. Minturnae posta in una posizione strategica, essendo attraversata dalla Via Appia, iniziata da Appio Claudio il Cieco nel 312 a.C., ebbe una ripresa rapida e divenne la principale città di transito fra il Latium Novus e la Campania. Nel 295 a.C., fu dedotta nel Territorio di Minturnae una colonia di cittadini romani, con carattere prevalentemente militare. In seguito si ebbero stanziamenti nell’età di Cesare (I sec. a.C.) e poi in età imperiale. In seguito a ciò, molto probabilmente, il console avuta salva la vita, si rifugiò in un bosco sacro che circondava il tempio della dea Marica, divinità del luogo, sulla riva destra del fiume, presso la foce del Garigliano, dove oggi rimangono tracce del tempio “extra moenia”, di origine italica, ed altre notevoli testimonianze archeologiche. Dopo essere stato misteriosamente liberato, il console fu fatto imbarcare per l’Africa. Da questo momento, fino a nuovi studi attualmente in corso di rivalutazione, non si hanno più testimonianze specifiche, relative alla città di Minturnae. E’ probabile che l’estendersi della palude, le invasioni dei Goti e dei Longobardi, le incursioni saracene, abbiano causato la distruzione della città. Gli abitanti superstiti si trasferirono sul colle più vicino, dove fondarono una nuova città che prese il nome di Traetto, civitas ad Trajectum, per la vicinanza al traghetto del fiume, del quale era stato distrutto anche il ponte, ricordato da Cicerone, come Pons Titetius. Per ciò che interessa lo stanziamento dei Saraceni (881-915), si è a conoscenza di una colonia di “predatori” che estendeva il suo dominio fino a Gaeta. Notizie storiche della città di Minturnae; presentate in una forma di estrema sintesi, richiedono notevoli ed ulteriori approfondimenti per ciascuno degli aspetti storico – archeologici citati. Pubblicato nell’edizione cartacea, Il Cronista n.0/2004
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