Itinerari
LA CHIESA DI S. ROCCO IN PESCOSOLIDO
Fra i culti più diffusi nella Diocesi di Sora, Aquino e Pontecorvo va annoverato quello di S. Rocco, il Santo taumaturgo originario di Montpelier e vissuto nel XV sec., che, nel cuore dei fedeli afflitti da malattie infettive quali la peste ed il colera, seppe rapidamente soppiantare il pur glorioso martire paleocristiano Sebastiano. La profonda venerazione a lui riservata trova preziosa conferma nella grande diffusione del suo nome sia nella Diocesi che fra gli emigrati e nell’elevato numero di fedeli che il 16 agosto di ogni anno affollano le celebrazioni in suo onore, la più importante delle quali è, senza dubbio, la processione di Sora. Attraversata buona parte della città essa si conclude con una solenne Messa nella chiesa a lui dedicata che si eleva, ai piedi della prima altura del Monte S. Casto, nel popolare rione di Cancello. L’edificio un tempo era posto proprio ai limiti sud-occidentali dell’abitato a pochissima distanza dalla Porta di Cancello che controllava l’accesso dalla Selva di Sora e dall’area Veroli e, quindi, dallo Stato Pontificio.
Nel passato, in quasi tutti i centri dell’Alta Terra di Lavoro, la chiesa dedicato al nostro Santo occupava una posizione periferica nel tessuto urbanistico e, non di rado, accanto ad essa si innalzava un piccolo Ospedale riservato sia alla Comunità sia ai viandanti e pellegrini bisognosi di cure. E proprio per la loro posizione furono più volte requisiti dai comandanti delle truppe borboniche, francesi e sabaude onde ospitarvi truppe, sistemarvi animali, viveri e munizioni.
A Pescosolido la chiesa di S. Rocco ubicata in posizione extra moenia è testimoniata dai documenti a partire dal 1710. Essa si trovava nei pressi dell’Ospedale ed era unita con il limitrofo Convento alla chiesa di Santa Degna, che con i suoi tre altari, era una tra le più importanti del paese. Agli inizi del 1600 S. Degna ed i due edifici limitrofi vennero ceduti dal vescovo di Sora, Girolamo Giovannelli (1609-1632) ai Padri Carmelitani di S. Maria delle Forme nell’Isola del Liri con grande disappunto del clero pescosolidano composto da oltre quindici preti. Acquistata nel 1836 da Raffaele Ruggieri, fu trasformata, nel secondo dopoguerra, in Sala per proiezioni cinematografiche. Venne, infine, demolita per far posto ad un’abitazione. E così la chiesetta di S. Rocco, originariamente nata a complemento dell’Ospedale, rimase urbanisticamente isolata nel Largo Vescovo Ruggieri contribuendo, con la Parrocchiale ed il palazzo Cianfarani, al decoro architettonico cittadino. Essa presenta pianta mononave mentre il prospetto principale è movimentato da due strette ed alte finestre poste ai lati della porta d’accesso alla cui sommità si apre una finestra circolare sormontata da una bifora. A circa metà dell’alzato una cornice segmentata in laterizio interrompe l’uniformità del paramento murario.
Nel Catasto onciario del 1748 le vengono attribuite appena tre rendite. “annue grana cinquantasei, che per Capitale di soliti (ducati) sette e mezzo se gli corrispondono da Saverio e Giuseppe Guadagni di questa Terra; annui carlini otto, che per Capitale di soliti dieci se gli corrispondono da Giuseppe Cirelli di questa Terra; annui carlini venti, che per Capitale di soliti venticinque se gli corrispondono da Don Francesco Ciaralli di questa Terra per vendita d’annue Entrade”. Tali rendite permettono alla chiesa di far fronte a tutti “gli annui pesi” costituiti da “cinque Messe basse che si celebrano dal Clero; Messa Cantata e Vespero per il giorno della festa carlini sei; cera per detta Festa grana dieci”. In quanto a stabilità l’edificio non ebbe mai problemi. Nel 1767 il vescovo mons. Tommaso Taglialatela (1765-1767), nel fare la Visita pastorale, rilevò solo carenze nell’altare bisognoso di una “nova immagine Crucifixi”. Nel 1850 il parroco don Giuseppe Piazzoli nel comunicare al vescovo mons. Giuseppe Maria Montieri (1838-11862) lo stato delle chiese del paese riferì che solo S. Rocco si trovava in condizioni discrete mentre tutte le altre versavano in uno stato “mediocre”. Essa, inoltre, uscì sostanzialmente indenne anche dai numerosi terremoti che nel corso dei secoli hanno colpito il nostro territorio e, quel che è più miracoloso, anche ai restauri, condotti senza alcun criterio filologico, sulla maggior parte degli edifici di culto cittadini.
Pubblicato nell’edizione cartacea, Il Cronista n. 8-11/2005
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