Storia
JOSEPH AGNONE: “UTOPIA, UN COMPROMESSO UMILIO’ LE VITTIME DEL NAUFRAGIO”
Proponiamo un colloquio tra Joseph Agnone e Antimo Della Valle in cui il ricercatore Italoamericano che illustra parte della ricerca effettuata sull’affondamento dell’Utopia.
Signor Agnone, lei ritorna in Italia ogni anno a primavera, come le rondini ?
Si è vero, alla mia età e con problemi alla salute cerco di evitare gli estremi della stagione.
Da diversi anni sta conducendo una ricerca sulla nave inglese “Utopia” della Hanchor Line, armatori gli Henderson Brothers di Glasgow. Come procede il suo lavoro?
Questa ricerca è stata lunga, difficile e complessa, ma penso di finire presto e di scrivere un libro su questa vicenda. Ci sono centinaia di documenti recuperati nei vari archivi e quindi bisogna analizzarli attentamente e ricostruire i fatti.
Questa vicenda è stata anche trattata nel libro Odissee di Gian Antonio Stella, giornalista del Corriere della Sera ?
Ho fornito io alcune informazioni a Gian Antonio Stella quando stava scrivendo il suo bel libro, che poi ha pubblicato nel 2004, ma le mie ricerche negli archivi americani, inglesi e spagnoli mi hanno consentito di scoprire alcuni fatti clamorosi.
Può anticipare qualcosa ai lettori de Il Cronista?
Volentieri, l’Utopia era partita da Trieste, imbarcò degli emigranti a Palermo, raggiunse Napoli dove completò l’imbarco dei passeggeri e si diresse verso Gibilterra dove doveva scaricare alcune merci e caricare il carbone per la traversata atlantica che era diretta a New York. La nave, comandata dal Capitano, McKeague, giunse verso le 18:30 nei pressi del Porto di Gibilterra e, secondo le dichiarazioni di quest’ultimo, si preparava ad entrare nel Porto per gettare le ancore al solito posto, al molo della Hanchor Line. A Gibilterra soffiava un forte vento di ponente ed il mare era agitatissimo che a poco a poco raggiunse forza 10. McKeague fu costretto a passare davanti alla corazzata inglese Anson e quando l’Utopia superò per due terzi la nave inglese, andò a sbattere contro la prua della Anson ed aprì una falla nella parte posteriore dell’imbarcazione e in quattro minuti affondò.
Di chi furono le responsabilità di quel naufragio?
Il capitano attribuì l’incidente alla presenza dell’Ansor ad altre navi. In realtà il capitano non aveva calcolato il drifting e a poco a poco la portò a sbattere contro lo sperone dell’Anson.(Lo sperone era allora un’arma potentissima, dopo il suluro, e McKeague ignorava lo sperone che era di sei metri). Questa fu la prima bugia che disse davanti alla corte navale. Il tribunale basandosi sulla deposizione degli ufficiali dell’Utopia e sull’indagine del Coroner emise una sentenza dichiarando che l’incidente non poteva essere ascritto all’equipaggio della nave in quanto si era verificata una tragica fatalità. Così la Corte restituì il brevetto al capitano che precedentemente gli aveva sequestrato.
Il processo dinnanzi alla Corte durò due-tre giorni. Lei non pensa che vi fu qualche pressione sui giudici da parte della compagnia proprietaria della nave per chiudere il caso e scaricarsi le evidenti responsabilità?
Credo che sia l’ipotesi più plausibile, ma non ho trovato documenti che possano confermare questa teoria. La nave fu tirata dal mare nel luglio del 1891 e non so se fu salvato il giornale di bordo.
Io sono convinto che Plutarco avrebbe aggiunto un’altra epistola per la responsabile della tragedia e avrebbe potuto scrivere che, “mentre l’ammiraglio Persano fu distrutto moralmente e fisicamente nella battaglia di Lissa, Mckeague fu salvato a Gibilterra”.
La vicenda giudiziaria però non si concluse con la sentenza citata, vi furono altri gradi di giudizi.
A Napoli si aprì il secondo processo che dal tribunale di prima istanza, dopo diversi passaggi, si concluse con una sentenza della Cassazione del 1895. Gli Hander Broters furono condannati a pagare i risarcimenti ma questi si rifiutarono di riconoscere la giustizia italiana. Gli Henderson ritennero la sentenza ingiusta e non vollero pagare i risarcimenti stabiliti dal tribunale ma una cifra irrisoria e offensiva per le vittime.
Cosa accadde dopo la sentenza?
Questo processo fu il più lungo e il più importante del XIX secolo. Dopo la sentenza della Cassazione gli Henderson decisero di fare un accordo irrisorio nel 1900 ed il compromesso fu fatto in segreto. Il Foreign Office si intromise sotto la pressione della potente Anchor Line, nella giustizia di uno Stato sovrano costringendo i difensori delle vittime ad accettare questo compromesso.
Gli avvocati della difesa e dell’accusa erano quasi tutti giuristi ed esperti di diritto.
Francesco Crispi difese gli Henderson al processo di prima istanza e tra gli avvocati delle vittime e dei superstiti dell’Utopia, per un certo periodo di tempo fu chiamato a Roma Gianturco che lasciò il processo e divenne Ministro di Grazia e Giustizia. Mentre il celebre Enrico Pessina fu consulente della Anchor Line.
Lei ha citato un compromesso segreto, firmato dalle due parti, che avrebbe evitato all’Anchor Line di pagare i risarcimenti
In mio possesso ho un documento che testimonia la segretezza del compromesso
Un diplomatico britannico incontrò a Torino nel 1890 il Conte Emilio Venosta, allora ministro degli affari esteri, egli riferì probabilmente che era stato raggiunto un compromesso segreto a Napoli. In questo documento si presuppone che il compromesso era stato fatto e che i firmatari delle vittime non erano soddisfatti e non volevano farsi conoscere.
Se i difensori delle vittime non erano soddisfatti ed avevano firmato l’accordo, probabilmente era stati costretti a farlo.
Sicuramente la potente compagnai Anchor Line avrà fatto pressioni sul governo inglese. Il documento d’archivio sarà pubblicato nel prossimo mio libro e gli stessi firmatari dell’Anchor Line dissero che era rimasto segreto perché “non serva a nessun interesse pubblico” e “non volevano aprire gli occhi al cane che dorme” Non posso dire di più, ma il mio sarà un libro strappa lacrime che commuoverà la coscienza dell’intera nazione. Sto tirando fuori una storia dalle macerie del passato, una storia che affascinerà i lettori poiché si è trattato di uno scandalo nazionale.
Antimo Della Valle
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