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BENEDETTO IL COSTRUTTORE
(IL Sole 24 ore del 23/12/2007)
di Paolo Liverani
Montecassino, dedicata al patrono d’Europa, ebbe come modello la basilica di San Pietro: un libro illustra il ruolo del santo nella promozione dell’arte del continente
E l’abate Desiderio esaltò la vocazione edilizia dell’ordine. Anche le miniature lo testimoniano
Tutti coloro che hanno studiato l’abbazia di Montecassino nella sua ricostruzione dell’XI secolo e, più in generale, l’attività dell’abate Desiderio (1058-1087) ne hanno notato il fortissimo legame con la città di Roma. Tale legame è innanzitutto di carattere politico e ideale – Desiderio sarebbe infine diventato papa con il nome di Vittore III – ma si rende manifesto in maniera programmatica anche nelle scelte architettoniche e figurative. Questo grande abate ricostruirà praticamente tutta l’abbazia: disgraziatamente la sua prodigiosa operosità non ci è nota in maniera diretta – praticamente nulla si conserva di questa fase di vitale importanza per l’architettura del Medioevo – ma solo attraverso fonti quali la Cronaca di Leone Marsicano e la planimetria del complesso benedettino disegnata da Antonio da Sangallo, attualmente conservata agli Uffizi. La romanità del progetto di Desiderio risulta evidente sia nella pianta della basilica, ispirata ai grandi modelli paleocristiani, sia nella scelta dei materiali decorativi, marmi e colonne che l’abate andò a procurarsi di persona dai monumenti antichi di Roma, che infine nel programma figurativo ed epigrafico. La Cronaca di Leone Marsicano, infatti, riporta anche le iscrizioni della basilica: la principale, nella nicchia dell’abside, paragonava la chiesa al Sinai. Così come su questo monte sono stati promulgati i dieci comandamenti, così a Montecassino è nata la Regola di S. Benedetto. Quel che colpisce è che l’iscrizione è una ripresa quasi letterale di un’iscrizione più antica posta nell’abside di S. Giovanni in Laterano, la cattedrale di Roma. È probabile allora che l’immagine perduta del mosaico absidale cassinese, di cui l’iscrizione costituiva il complemento e la chiave interpretativa, fosse ispirata allo schema paleocristiano detto della “Traditio legis”. Questo schema era presente per esempio nell’abside di S. Pietro in Vaticano: Cristo appariva in posizione centrale per consegnare a Pietro alla sua sinistra la legge del Nuovo Testamento mentre sull’altro lato S. Paolo acclamava. È evidente, però, che a Montecassino sarà stato piuttosto S. Benedetto a rivestire un ruolo privilegiato, in quanto titolare della chiesa e autore della Regola. Sull’arco che incorniciava l’abside era una seconda iscrizione che recitava «Affinchè sotto la tua guida ottenga la patria conseguita dai giusti / perciò il padre Desiderio ti ha costruito questa chiesa». Anche in questo caso il modello era illustre: l’iscrizione dell’arcone trionfale della basilica di S. Pietro a Roma. In Vaticano si celebrava Costantino che offriva il modello della basilica a Cristo – seduto sulla sfera del mondo – e a S. Pietro, a Montecassino si celebrava invece l’abate Desiderio costruttore della basilica dedicata a S. Benedetto. Gli studi in genere hanno ricostruito il perduto mosaico benedettino immaginandolo simile a quello vaticano: dunque si è pensato che Desiderio offrisse a Cristo e a S. Benedetto un modellino della chiesa. Tuttavia questa ipotesi fa torto agli artisti benedettini: benché impregnati di tradizione romana essi avevano anche una notevole libertà nell’interpretarla. Se prendiamo sul serio l’iscrizione appena citata, dobbiamo piuttosto pensare a un gruppo di sole due figure che si fronteggiano: Benedetto, destinatario implicito della dedica, e Desiderio che verosimilmente gli presentava il modello dell’edificio sacro. A questo punto, però, possiamo spingerci un poco più oltre per immaginare con maggior precisione lo schema utilizzato nel mosaico. Basterà rivolgerci alle miniature di alcuni famosi codici strettamente legati a Montecassino: se ne possono citare diversi risalenti già a qualche generazione anteriore a quella di Desiderio, ma gli esempi migliori furono realizzati proprio nello scriptorium cassinese, il laboratorio di copisti e miniatori a cui Desiderio diede grande impulso. In un omiliario del 1072, il codice cassinese 99, si vede Desiderio che presenta a S. Benedetto il monaco Giovanni con in mano il volume stesso, mentre ai piedi del santo è il nipote del monaco, il cronista Leone Marsicano. Il secondo esempio è ancora più noto e calzante: è il lezionario noto come “codex Benedictus”, della Biblioteca Apostolica Vaticana, datato al 1075, in cui è raffigurato ancora una volta Desiderio mentre si inchina davanti a S. Benedetto offrendogli il volume. Ai suoi piedi sono numerosi altri codici e sullo sfondo un’imponente quinta architettonica, allusione alla sua prodigiosa attività di costruttore dell’abbazia. L’ipotesi più probabile è dunque quella di ricostruire sull’arco un mosaico in cui, come nella miniatura, il grande abate Desiderio ossequiava il santo titolare della basilica offrendogli la chiesa in un modellino. Se tale ipotesi è giusta siamo di fronte a una ulteriore e chiarissima dimostrazione di questa capacità di utilizzare un codice linguistico nobile di ascendenza paleocristiana e romana, per articolare con libertà e perfino con audacia un messaggio assolutamente calato nella realtà contemporanea.
Roberto Cassanelli- Eduardo López-Tello Garda (a cura di), «Benedetto. L’eredità artistica», Jacabook, Milano, pagg. 456, oltre 300 illustrazioni, €160,00.
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