Personaggi
ATANASIO KIRCHER E LA MONTAGNA DI PESCOSOLIDO
Nei secoli passati località sperdute ed isolate dell’Appennino centrale attrassero l’attenzione di studiosi e viaggiatori stranieri quali, ad esempio, Atanasio Kircher, gesuita tedesco nato a Ghysen presso Fulda nel 1602 e morto a Roma nel 1680. Siamo di fronte ad uno dei più significativi protagonisti della cultura enciclopedica del XVII sec. con interessi che abbracciano l’archeologia, la filosofia, le lingue orientali, la matematica, la medicina, , le scienze naturali e la teologia.
Risale al 1631 il suo primo lavoro dedicato al magnetismo; l’anno successivo, per motivi bellici, si rifugiò ad Avignone per raggiungere poi nel 1633 Roma ove, sotto la protezione del cardinale Francesco Barberini, fu indirizzato al celebre Collegio Romano dei Gesuiti. Qui insegnò per alcuni anni per poi dedicarsi esclusivamente alla ricerca, alla pubblicazione di numerosi volumi ed all’allestimento di una prestigiosa Raccolta antiquaria. Nell’Urbe iniziò lo studio dell’egiziano pubblicando, tra il 1652-1653, un monumentale trattato di egittologia preceduto un biennio prima da una monografia sull’Obeliscus Pampilius, cioè la stele che caratterizza la fontana di piazza Navona, peraltro, restaurata ad opera del Bernini proprio sotto la direzione del N. Nel 1638 sarà a Malta dove si avvicinerà agli studi dei vulcani, dei fenomeni sismici e delle correnti marine. Ritornato a Roma riprese i suoi studi sul magnetismo terrestre, sul contrasto luce-ombra e sulla fisica terrestre. Nel 1656, incuriosito dalla peste che devastò il Regno di Napoli e Roma, scrisse un’opera su questa epidemia edita l’anno successivo all’evento. Nel 1667 ad Amsterdam darà alle stampe un volume enciclopedico dedicato alla Cina nel quale confluiranno molti dati ed informazioni fornitegli dai numerosi missionari gesuiti qui presenti ma ove, ben evidente, è anche tutta la sua creatività erudita ed il desiderio di sbalordire il lettore. Quattro anni prima nella Polygraphia nova universalis, riprendendo le teorie di Johannes Trithemius, aveva indagato le possibilità di inventare una scrittura propedeutica ad una lingua universale. Non disdegnò, infine, studi sulla Bibbia e sul mondo etrusco. A Roma organizzò il celebre Museo Kircheriano ampliando una precedente Raccolta fondata da Alfonso Donini. In essa confluirono reperti preistorici, protostorici, di età classica, paleocristiana e medioevale oltre a testimonianze etnografiche donate dai già ricordati padri gesuiti. Situato nel complesso del Collegio Romano fu dotato dal Kircher di un Catalogo a stampa già nel 1768. Il Museo, nel 1875, fu annesso al neonato Museo Preistorico-Etnografico Luigi Pigorini; il complesso antiquario che includeva anche strumenti matematici, fisici, astronomici malauguratamente fu smembrata nel 1913 dal Ministero della Pubblica Istruzione. Mentre i reperti più antichi rimasero al Pigorini – nel 1962 trasferito all’Eur – i materiali protostorici passarono al Museo Nazionale di Villa Giulia, quelli classici e paleocristiani al Museo Nazionale Romano delle Terme e gli oggetti medioevali al Museo di Palazzo di Venezia. Non mancò il suo interessamento per i paesi del Lazio: segnaliamo, così, uno scritto sul celebre Santuario della Mentorella o Vulturella in Capranica Prenestina (RM), un’opera sull’Ager Pomptinus e sulla necessità di bonificare le Paludi Pontine ed un monumentale volume uscito, per la prima volta, a Roma nel 1669 dal titolo Latium, id est Nova, et parallela Latii tum veteris, tum novi descriptio e poi ristampato due anni ad Amsterdam. E proprio a p. 239 della seconda edizione è contenuta questa descrizione delle montagne di Pescosolido che propongo alla Vostra attenzione dopo averla tradotta dal latino: “Sora dista diecimila passa da Atina […] Ha vicino a sé un monte altissimo, che dal nome del paese contiguo si chiama ‘Monte di Teschio solido?’ (sic), dal quale in estate si ricava un ghiaccio cristallino che è una delizia per la tavola. Avendo sentito dire cose mirabili su questo monte, vi salii accompagnato da persone esperte e constatai quanto fosse vera la violenza dei venti sulla sommità di quel monte; infatti lungo il sentiero sperimentai così bene quella violenza che, per procedere, dovemmo legarci mani e piedi tra compagni, per non essere trascinati lontano; e dicevano i compagni che a volte, oltre il gravissimo danno apportato ai luoghi circostanti, intere greggi di capre furono spezzate via dalla furia di quei venti. Sottrattici finalmente da quei vortici, raggiungemmo una pianura particolarmente adatta al pascolo di greggi di pecore e mandrie di buoi, carezzata da una piacevole e schiettissima brezza. […] Arrivammo quindi ad un monte grossissimo, mirabile artificio della Natura, formato da ghiaccio cristallino. Il monte è a forma di cono rovesciato, ovvero di figura conica incavata, nel fondo della quale s’apre un enorme foro, attraverso il quale acque e nevi come in un inghiottitoio precipitano raccogliendosi in una grotta che s’apre a dismisura sotto il monte; entrati in essa attraverso una piccola apertura, trovammo una gran quantità di ghiaccio ed un’infinità di ghiaccioli intrecciati che pendevano dalla volta, tanto che avresti detto che quella gran riserva di neve e ghiaccio sarebbe bastata a tutta l’Italia. Il ghiaccio è limpidissimo come purissimo cristallo; con esso si preparano diverse bevande, tra cui il vino, che diventa immediatamente così freddo che a malapena si può bere, come sperimentammo sul posto. Alla sommità di un vicino monte si stende un prato, nel quale in tutto l’arco dell’anno si dice possano cogliersi fiori grazie alla mitezza del clima che vi regna”. È facile individuare i luoghi a cui il Kircher accenna. Il sentiero (angiportus), spazzato dai venti, è quello che conduce al valico del Macerone; la pianura adatta al pascolo di bovini ed ovini è Campo di Grano che, per 45 ettari, si stende di fianco a Monte Cornacchia (m 1.700); l’inghiottitoio (infundibulum) che immette alla grotta sotterranea è il Pozzo della Neve. Questa dolina carsica, che ancora oggi si riempie di neve durante l’anno, al tempo dei duchi Boncompagni veniva affittata al miglior offerente e, fino ad una cinquantina d’anni fa, serviva, nel periodo estivo, per dissetare pastori e boscaioli. Pubblicato nell’edizione cartacea de Il Cronista, n1-2/2006
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