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Arce, grande pubblico alla presentazione dei quattro volumi di Giuseppe Violetta

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Pubblico da grandi occasioni alla presentazione che Giuseppe Violetta ha dedicato, con quattro volumi (Storia e memoria di una comunità in guerra), alla Storia e alle storie degli arcesi, militari e civili, coinvolti nelle due guerre mondiali del secolo scorso.Sono Intervenuti lo storico Pino Pelloni, la professoressa Antonietta Lucchetti, il Generale Giuseppe D’Accolti e il sindaco della città Luigi Germani.Dopo i saluti delle autorità e il messaggio di augurio inviato dall’assessore regionale Pasquale Ciacciarelli sono seguiti, moderati da Luigi Polselli, gli interventi dei relatori intervallati da brani canori del Coro diretto dalla Maestra Mariangiola Lancia .

Di seguito l’intervento di Pino Pelloni:

INTERROGARE IL PASSATO PER NON TRADIRE IL PRESENTE

Nell’aprire il primo dei quattro volumi che il generoso Giuseppe Antonio Violetta ha dedicato alla Storia dei giorni lunghi e travagliati del nostro Novecento, avendo come osservatorio privilegiato la sua Arce, mi industrio a lasciare al lettore alcune considerazioni. E lo faccio rifacendomi alla lezione di Marc Bloch. Ovvero, dato che le civiltà possono mutare, è possibile che un giorno anche la nostra si allontani dalla storia. È un punto su cui riflettere per gli storici: la storia non compresa potrebbe finire col trascinare nel proprio discredito la storia più comprensibile. Questo avverrebbe solo a costo di una violenta rottura con le nostre tradizioni intellettuali. Ogni volta che le nostre società, in perpetua crisi di sviluppo, iniziano a dubitare di se stesse, sembrano domandarsi se abbiano avuto ragione ad interrogare il proprio passato e se l’abbiano interrogato bene. Nella ricerca attenta di Violetta c’è tutta intera la guerra con le sue pagine insanguinate. Con le memorie delle genti di Ciociaria ancora vive nei racconti tramandati dai nonni ai nipoti, depositate nei diari e nelle lettere conservate nei cassetti, immortalate da foto familiari gelosamente custodite. Carte impolverate negli archivi. Ed è qui che la Grande Storia si arricchisce di particolari testimonianze, del privato di un paese e di un territorio che la guerra l’ha subita. Ed è qui, tra queste pagine, che dobbiamo chiedere a Violetta se questo passato lo ha interrogato bene. Io credo di si. Interrogandolo con semplicità e con gli attrezzi della passione. Lo ha fatto recuperando voci dal basso, dando spazio a esperienze che illustrano percorsi diversi, che nascono da diverse tensioni e che propongono patti di cittadinanza distinti. Senza sacralizzare le sue storie assumendole come “controstoria”, ma come parti di una storia “grande”, anche se locale, con cui anch’esse devono fare i conti. Perché le loro ragioni, comunque, non sono la ragione assoluta. Perché costruire storia dal basso implica prestare attenzione a quei soggetti che spesso la storia l’hanno fatta, ma poi se la sono sentita raccontare da altri, o comunque hanno avuto la sensazione che fare storia non fosse di loro competenza: in breve, quelli che spesso sono raffigurati come “spettatori di storia”. Tenendo sempre ben presente che qualche rischio chi scrive storia lo deve mettere nel conto, perché come ammoniva Pietro Secchia “c’è sempre qualcosa di omesso e di eluso nella chiusura di una vicenda storica”.Allora tocca a noi, testimoni del presente, poter e dover faticosamente aspirare a riconoscere le diverse memorie e l’utilità per chiunque di coltivare la propria memoria, a condizione di neutralizzarla quando si affronta il discorso pubblico. Si può e si deve condividere il presente. Quando si avrà la forza di alzare lo sguardo sul futuro per costruirlo in piena condivisione, allora e solo allora avverrà la selezione naturale della memoria. Senza mai rompere l’ordito fatto di storie dal basso, storie collettive e storia pubblica. Senza mai dimenticare che sono le piccole storie a fare la Grande Storia: l’Histoire événementielle direbbero i francesi, o Braudel, gli storici delle Annales di Marc Bloch e Lucien Febvre, intellettuali attenti a ricostruite un passato nel quale non scompaiono gli umili, il mondo del lavoro, gli oppressi di ogni epoca, le loro aspirazioni alla libertà.

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