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Arte e Archeologia

La “Grotta del capobrigante Domenico Fuoco” su Monte Sambùcaro.

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Molti toponimi scaturiscono da particolarità geografiche dei luoghi, da caratteristiche morfologiche degli stessi, o anche da avvenimenti che hanno caratterizzato la località o il sito in determinati periodi storici. Quest’ultimo è il caso di una grotta il cui toponimo, nonostante siano passati tanti anni, è tutt’ora esistente. Mi riferisco a “La rotta re’ Mineche Fuoco”, ovvero “La grotta di Domenico Fuoco”, il capobrigante che imperversò nei nostri territori per tutto il decennio (1860-1870) del brigantaggio post unitario. La grotta si trova su Monte Sambùcaro, nel versante molisano. Tantissime altre grotte, sparse su un territorio molto vasto che abbraccia Campania, Lazio, Molise ed Abruzzo, sono chiamate allo stesso modo, perché molto ampia era l’area in cui imperversava il capobrigante. Una di queste, abbastanza vicina a quella di cui si sta parlando, si trova su Monterotondo, altura compresa tra San Pietro Infine e Mignano.

La grotta di Monte Sambùcaro, si trova ad una quota di poco superiore ai 900 metri, affaccia sul paese di Ceppagna e, soprattutto, su tutta la Valle Venafrana. Ed è proprio questa sua “ampia visuale panoramica” il motivo principale per cui fu scelta come luogo di riferimento dal famoso capobrigante. La grotta non è di facile raggiungimento, quindi ben difesa, e domina con lo sguardo su un territorio molto vasto, così da tenere sotto controllo i movimenti delle truppe militari nemiche. Da qui, poi, si poteva facilmente sconfinare nel versante della Valle del Liri e dei monti delle Mainarde, qualora se ne fosse ravveduta la necessità.

La grotta, di origine naturale, si addentra nella roccia viva per pochi metri. Ha un’entrata molto piccola formata da una stretta fessura, alta 60-70 cm, e larga 2,65 metri circa. All’interno, comunque, ci si può stare comodamente in piedi, essendo alta più di 3,00 metri. L’ambiente non è molto grande, ha infatti una superficie interna di circa quattro metri quadri. Come contropartita, però, la grotta ha il vantaggio di presentarsi abbastanza asciutta. All’interno alcuni lievi rialzi di roccia creano una sorta di sedile, posto proprio alla base della parete di fondo, per cui si può tenere sotto controllo tutta la Valle di Venafro stando comodamente seduti nella grotta. Un luogo, questo, che meriterebbe di essere valorizzato, sia per la sua valenza storica, sia per la bellezza naturalistica in cui è immersa, ed anche per la sua meravigliosa vista panoramica.

Ringrazio l’amico Armando Mattei, di Ceppagna, e mio figlio Stefano per avermi accompagnato nel sopralluogo del 7 agosto del 2019.

Maurizio Zambardi, 1961, architetto con seconda laurea in Conservazione dei Beni Culturali, indirizzo Archeologico. Dottore di Ricerca in “Metodologie conoscitive per la conservazione e valorizzazione dei Beni Culturali”. Docente presso l’ISIS “Fermi – Mattei” di Isernia. Vive a San Pietro Infine con la moglie Luciana e i figli Elvira, Stefano e Laura. Attivo promotore culturale, collabora a quotidiani e riviste settoriali con studi e saggi di archeologia, storia e ricerche etno-antropologiche. È socio fondatore e membro del Direttivo del “Centro Documentazione e Studi Cassinati” e fa parte della Redazione del Trimestrale “Bollettino di Studi Cassinati”. È socio fondatore e tuttora Presidente, dal 2002, dell’Associazione Culturale “Ad Flexum” di San Pietro Infine. Ha effettuato numerose scoperte archeologiche e svolto studi e ricerche sul Brigantaggio Post-unitario e sulla Seconda Guerra Mondiale, nel proprio territorio. È autore di testi di canzoni.

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